L’argomento di discussione è stato proposto da una mia amica e collega: “in inverno aumenta l’appetito. E’ solo una voglia psicologica oppure sono necessarie più calorie per sopportare le basse temperature?”.
Come nutrizionista mi viene in mente subito il sistema di termoregolazione dell’organismo umano. Essendo, un animale a sangue caldo (omeotermo) con temperatura corporea di 37°C circa, l’uomo è organizzato per mantenere costante questa situazione che è di importanza vitale. Pertanto diventa intuitivo che, se l’ambiente circostante è freddo, c’è bisogno di più energia per colmare il divario tra la temperatura corporea e quella ambientale. Se la differenza è ampia, per situazioni a 10/20°C sotto lo zero o più, l’impegno calorico diventa consistente.
Secondo questo discorso, in generale, con le dovute distinzioni, sarebbe opportuno dimensionare l’alimentazione secondo la contingente necessità.
Un’altra considerazione riguarda il piacere di stare a tavola con la giusta compagnia, al caldo, magari in montagna davanti ad un caminetto, mentre fuori imperversa una bufera di neve. In questo caso non si tratta di aumento di appetito, ma di una deliziosa e appagante concomitanza di componenti positive, non bisogna farsela scappare e neppure esagerare perché perderebbe, per vari motivi, la propria pregevolezza.
Il benessere attuale dei paesi ricchi, dove la gente vive in case riscaldate e possiede l’abbigliamento adatto per sopportare temperature rigide, riduce molto l’esigenza di aumentare il consumo di cibo a causa del freddo. Pertanto, tranne casi particolari non è indispensabile mangiare di più. Rimane il caso del pranzo conviviale con gli amici al caldo, perché privarsene? Però attenzione ad esagerare, da evento gradito potrebbe diventare spiacevole.